Portavoce della gente della notte, pionieristico divulgatore dell’hip-hop in Italia, cantautore intimista e visionario in grado di proiettare Gianni Morandi in un impensabile tormentone post-moderno (‘L'Allegria’): quella di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti (Roma, 1966), è una figura in perenne evoluzione, difficile da inquadrare in una sola cornice. Gli esordi come DJ nella squadra dell’icona anni ’80 Claudio Cecchetto si riflettono nelle atmosfere esuberanti di una prima fase dal clima festaiolo e disimpegnato, dove si affaccia però un crescente interesse per il rap. I pezzi degli anni ’90 sono frutto di un approccio più maturo, con il cantante deciso a virare in direzione introspettiva e ad approfondire l’aspetto sociopolitico, cavalcando la corrente di rime, beat e groove che lui stesso ha contribuito a importare. Preceduta da Una Tribù Che Balla (1991), che teorizza un rap in equilibrio tra contenuto e movimento, una serie di album dal prefisso anagrafico traccia una linea evolutiva incentrata sulla personalità autoriale ma convintamente lanciata verso l’esplorazione delle sue molteplici sfumature. Ambientalismo e pacifismo sono temi cruciali in una carriera inquieta e con un orecchio aperto sul mondo, che nel nuovo millennio capta le sonorità dell’Africa e dell’America Latina, ritorna su EDM e funk e perfeziona il calibro pop tentando anche la strada della sottrazione con Rick Rubin, coinvolto in un’inarrestabile marcia di espansione, tra le spiagge e la luna.