Patrimonio della musica italiana, la confidenziale sensualità della voce di Ornella Vanoni è il sigillo di un’icona di classe ed eleganza, incarnazione di una Milano borghese e colta (dove nasce nel 1934) attraversata da un sottile erotismo. Scoperta e lanciata da Giorgio Strehler, che negli anni ’50 le cuce addosso il personaggio della ragazza della Mala, volge presto lo sguardo al panorama autoriale e diventa interprete privilegiata di Gino Paoli, Luigi Tenco o Franco Califano e di penne intimiste d’oltralpe, aggiungendo all’attività teatrale quella televisiva. Regina dei recital alla maniera dei crooner americani, porta al successo brani leggendari come ‘La Musica È Finita’ (1967) o ‘Tristezza per favore va via...’ (1967), rilettura di Haroldo Lobo che suggerisce un amore per il repertorio brasiliano poi certificato con La Voglia La Pazzia L’incoscienza L’allegria (1976), celebrazione della bossa nova condivisa con Vinicius de Moraes e Toquinho. Nel 1986, Ornella &... è il battesimo discografico jazz di una signora della canzone ancora una volta controcorrente, che riconfeziona classici nostrani con la complicità di giganti del genere del calibro di Herbie Hancock, Lee Konitz e Gil Evans. La ricerca di uno stile sofisticato e originale rimane un tratto costante nella carriera di un’artista che si avventura nel terzo millennio con un profilo da eterna antidiva, espresso con autoironia accanto a Colapesce e Dimartino in ‘Toy Boy’ (2021).