u made me a st4r (Apple Music Edition)

u made me a st4r (Apple Music Edition)

Quando si è avvicinato al microfono della seguitissima serie di esibizioni YouTube From the Block con un passamontagna in testa, un grillz dorato sui denti, una doppia tazza in mano e la crew alle spalle, era quasi scontato che 4batz avrebbe rappato versi sulle difficoltà incontrate crescendo nel proprio quartiere. Ecco perché quello prodotto da uno stile canoro da crooner inaspettatamente morbidissimo e modulato sui toni alti è stato invece un vero e proprio shock. “Per me, cantare è sempre stato differente”, dice a Apple Music l’artista nato a Dallas col nome di Neko Bennett. “Pensavo che non sarebbe stato accettato, ma al tempo non mi interessava. Ho spinto la situazione all’estremo. Ero nel quartiere con la mia gente dietro di me, e facevo quello che sapevo fare a modo mio. Sono andato in fondo, dall’inizio alla fine”. Se alla prima apparizione su From the Block ha presentato il singolo d’esordio ‘act i: stickerz ’99’, è stato quando è tornato per diffondere la contagiosa malinconia di ‘act ii: date @ 8’ che 4batz è passato in maniera fulminea dall’underground al firmamento degli astri nascenti. Diventata virale, la traccia gli è valsa il sostegno di SZA, Timbaland e Drake, che compare nel remix. L’ambizioso mixtape di debutto u made me a st4r attinge ulteriormente al suo amore per l’R&B degli anni ’90 e per la narrazione emozionale, facendo ampio uso di voci dalle tonalità alzate, abbassate e rallentate per raccontare la personale storia in otto “atti” di una relazione turbolenta finita male. In ‘act i: stickerz ’99’, 4batz ricorre a una metafora per illustrare un desiderio non corrisposto. “Ero ossessionato da questa ragazza e mi dicevo cose del tipo ‘Mi sembra che lei non voglia stare con me, eppure io voglio ancora vederla. Nonostante tutto, starò con lei in questo esatto momento’. Ed ecco come è nata l’idea di ‘stickerz’, dal fatto che io ero in fissa per una persona che non era in fissa per me”, spiega. Aperto da quel pezzo, il progetto è invece chiuso da ‘act viii: i hate to be alone’, che rimugina sull’inappellabilità della fine e sulla sofferenza. E se tutto questo suona un po’ troppo reale, è perché, stando a quanto dice l’artista, è successo davvero. “Le cose di cui parlo sono accadute”, assicura. “Non è roba che ho semplicemente fatto entrando in cabina di registrazione, dopo aver attraversato la sala. È vita vera”.

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