Council Skies (Deluxe)

Council Skies (Deluxe)

Concepito nello studio del produttore David Holmes a Belfast, dove gli abbozzi di canzoni già scritte erano stati banditi e nuova musica emergeva in modo naturale ascoltando dischi e improvvisando idee, il terzo album degli High Flying Birds Who Built the Moon? era stato un’epifania per Noel Gallagher. “È esplosa una bomba di creatività... David mi ha indirizzato verso lidi nei quali di solito non mi sarei avventurato”, aveva dichiarato a Apple Music in occasione dell’uscita nel 2017. Naturalmente, i piani erano di realizzare il lavoro successivo con lo stesso spirito impavido, ma i nuovi orizzonti si sono improvvisamente polverizzati. “È arrivata la pandemia”, racconta Gallagher a Apple Music, “ed è scoppiato il finimondo”. Come per chiunque di noi, è stato un inferno di incertezza, fatto di “giorni strani e interminabili”. Chiuso in casa, si è rimesso a lavorare in modo più tradizionale, utilizzando la chitarra acustica per abbozzare le idee da solo in una stanza. Le canzoni sono così confluite in Council Skies, registrato e co-prodotto da Gallagher a Londra nei Lone Star Studios, da lui costruiti durante il lockdown. Il palpabile senso di claustrofobia di quel periodo non ha minato un’attitudine fortemente avventurosa. ‘Pretty Boy’ è un krautrock impreziosito dal contributo di Johnny Marr, mentre il brano che dà il titolo all’album ambienta il romanticismo da case popolari nello scenario dei ritmi bossa nova suonati su gong digitali. Ci sono anche un inno midtempo all’altezza degli Oasis nella loro versione più struggente (‘Easy Now’) e una delicata ballata che rivela con la sua malinconia il periodo della propria concezione (‘Dead To The World’). “La pandemia ha condizionato l’umore e il colore del disco”, sottolinea Gallagher. “Ne ha accentuato la natura riflessiva, col pensiero volto a ciò che era successo e a dove stavamo andando. Credo abbia due chiavi di lettura, perché potrebbe adattarsi anche alla sfera delle relazioni”. L’artista si è trovato talvolta a utilizzare una scrittura più schietta che in passato. “Come per la maggior parte delle persone, la mia vita nella pandemia non è la stessa di quando ne sono uscito”, confessa. “Non avrei composto ‘Dead To The World’ e ‘Think Of A Number’, se non fosse stato per quello che mi stava accadendo a livello personale. Ho imparato che quando sto attraversando un periodo burrascoso della mia vita, non devo avere paura di scriverne. Non solo puoi aiutare te stesso, ma anche altra gente che sta vivendo le stesse situazioni. Buttati e raccontalo”. Di seguito, ci descrive le tracce di Council Skies e alcuni remix contenuti nell’edizione deluxe. ‘I’m Not Giving Up Tonight’ “‘I’m Not Giving Up Tonight’ nasce come brano di Who Built the Moon? intitolato ‘Daisies’ che non è mai andato da nessuna parte. Aveva un tocco più elettronico e francese, ma mi è sempre piaciuta la progressione di accordi. Ci ho lavorato alacremente per mesi e mesi, senza mai riuscire a cavarne qualcosa di buono. Poi, un pomeriggio, ho preso in mano la chitarra a casa e ne è uscita questa canzone. Non so dire come accadano queste cose, piovono dal cielo e basta. Si tratta di un brano di sfida, ed è il motivo per cui mi sembrava una buona idea piazzarlo in apertura. Ma non c’è possibilità al mondo che io la suoni dal vivo, perché è una fottuta bastarda da cantare. Mi sono servite almeno 20 take per riuscirci”. ‘Pretty Boy’ “Si tratta del primo demo e del primo brano che ho completato; perciò [diffonderlo come primo singolo] mi è sembrata la cosa giusta da fare. Sarò franco, ho pensato perversamente ‘Beh, quando la gente sentirà che si tratta dell’ennesima drum machine, farò il bagno nelle loro lacrime’. Anche se non faccio di tutto per sfidare il mio pubblico, mi piace interagire con loro. Li tengo un po’ sulle spine. E credo sia una buona prospettiva se, dopo aver fatto musica per 30 anni, stai ancora lavorando sul filo del rasoio chiedendoti se una cosa sia o meno accettabile. Sono riuscito a non cadere nella routine di provare a riscrivere ‘Little by Little’ all’infinito, preferisco cercare di spingermi sempre un po’ oltre”. ‘Dead To The World’ “Un pomeriggio molto tranquillo mi trovavo in studio e ho tirato fuori quei due accordi che non avevo mai suonato prima di allora, e che hanno subito stabilito il tono del brano. È decisamente malinconico. Si tratta di una canzone personale, una cosa che capita di rado, o meglio, non ammetto spesso di scriverne molte di questo tipo. Diciamo che parla da sola. Alloggio sempre nello stesso hotel [in Argentina] e fuori trovo immancabilmente uno stuolo di fan che canta 24 ore su 24 le canzoni degli Oasis, sbagliando continuamente le parole. Una sera sentivo i cori e mi è venuta in mente quella frase. Il testo originale diceva ‘You can learn all the words, but you’ll still get them wrong’ [‘Puoi imparare tutte le parole, ma cadrai comunque in errore’]. Ma quando l’ho fatto qui, per qualche motivo, ho cantato ‘change’. Questa è per loro, per quel giovane pubblico argentino”. ‘Open The Door, See What You Find’ “Se la gente riuscirà ad arrivare al ritornello, se ne innamorerà. Persino mentre la stavo scrivendo, pensavo ‘Dai, gli archi sono fantastici, ci stanno bene. Le strofe sono un po’... vabbè’. Ma quando si approda al ritornello, è come un’esplosione solare. Se c’è un tema di fondo, è quello di guardarsi allo specchio e accettarsi per quel che si è. Un detto recita che quando si arriva a cinquant’anni e ci si osserva allo specchio, il riflesso mostra tutto ciò che si è e tutto ciò che si potrà mai essere. È da qui che nasce la frase ‘Vedo tutto quello che saprò’. Si tratta di riconoscere ‘Mi è chiaro tutto ciò che sono e tutto ciò che sarò mai. E sapete cosa? Va bene così’”. ‘Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt. 1’ “Di nuovo, durante il lockdown, mi chiedevo come cazzo sarebbe andata a finire, quando ci sarebbe stato permesso di mischiarci di nuovo tra di noi. Ci sono stati giorni strani, giorni interminabili passati in casa nel silenzio, con la didattica a distanza, e poi le teorie di cospirazione e tutte le stronzate che stavano accadendo. [La canzone] ha un doppio significato, perché potrebbe parlare di una persona amata o della fine di una relazione. È indicata come ‘Pt. 1’ perché inizialmente c’era una seconda parte in cui entravano la batteria e una produzione massiccia, ma in studio ho avuto un momento di lucidità e sono tornato alla demo originale. Quando è stata ridotta a questa cosa di due minuti, mi ha convinto di più”. ‘Easy Now’ “Ho fatto una telefonata fiume con David Gilmour [dei Pink Floyd], in cui gli ho detto ‘Ho un pezzo che mi ricorda molto i mitici Floyd, e ho pensato, se per caso volessi suonarci sopra uno dei tuoi inebrianti soli di chitarra…’. Lui ha risposto ‘Guarda, mi piace molto il brano, ma non credo di riuscire più a fare quelle cose’. A essere onesto, l’ho letteralmente pregato al telefono e, gli va riconosciuto, non era disposto a cambiare idea. Eravamo nel bel mezzo della pandemia, la gente era isolata e sarebbe stato comunque un gran casino. Allora ho detto al mio co-produttore [Paul “Strangeboy” Stacey], che è un brillante chitarrista: ‘Dovrai imitare David Gilmour’. Ed è quello che ha fatto”. ‘Council Skies’ “Mi trovavo a Ibiza, e la cosa ha probabilmente influenzato il mood e il ritmo del brano. Avevo la melodia ma neanche una riga di testo. Di solito, scrivo prima il ritornello e poi a ritroso tutto il resto, perciò se azzecco quello, anche le strofe trovano una loro collocazione. Tornato in Inghilterra, quel libro [Council Skies di Pete McKee, pittore di Sheffield] si trovava per caso su uno scaffale sotto il tavolino. Ed eccolo lì, Council Skies. Questo ha innescato una catena di eventi che ha portato a dire: ‘Bene, sotto i cieli popolari...’. La canzone parla del tentativo di trovare un amore giovane in un quartiere popolare, cercando di scovare la bellezza in una città grande e cattiva. [Nell’intro] ci sono io che suono alcuni gong accordati digitali. Gong accordati: non c’è niente di più prog, giusto? La verità è che non ho altra vita al di fuori della musica, quindi compro vecchi strumenti musicali, qualunque cavolata, ecco cosa faccio. Era una specie di percussione digitale, non sapevo nemmeno che contenesse dei gong accordati”. ‘There She Blows!’ “Non ho idea di come mi sia saltato in mente di scrivere una canzone su una stronzata nautica. Ero a Los Angeles per lavorare a un altro progetto con [il produttore] Dave Sardy, e su una mensola in albergo c’era il libro di Hemingway Il vecchio e il mare. Non che lo leggerei, ma posso supporre che abbia qualcosa a che fare con l’argomento. Quando è uscito il documentario Get Back, ero felice che fosse riuscito a immortalare il metodo disordinato e improvvisato con il quale scrivevano i Beatles. George dice ‘Oh, questa volta sono bloccato’. Gli altri rispondono ‘Inventati qualcosa e basta. Scrivi la prima cosa che ti viene in mente quando ti alzi la mattina’. E io ero lì che mi dicevo ‘È proprio quello che faccio, cazzo!’ Credo di aver incontrato chiunque, a parte Bob Dylan, e ho realizzato che siamo personalità simili, con diversi gradi di talento. È come se ci fosse tutta questa gente che gioca di merda a calcio cercando di farcela, e non c’è una persona migliore dell’altra. Cerchiamo di usare l’astuzia. Nove volte su dieci, si tratta solo di lanciare abbastanza merda contro un muro e vedere cosa rimane attaccato: e poi cercare di farla funzionare”. ‘Love Is A Rich Man’ “Mi sembra incredibile quel che sto per dire, ma ho scritto questo pezzo mentre andavo in bici. Ho un posto in campagna e stavo pedalando lungo un sentiero. Ha un sound che ricorda un po’ il Bowie degli anni ’80, e c’è pure una marimba, porca miseria. È una vecchia canzone buffa, ma mi piace. Adoro i cori e la parte del ritornello è grandiosa, così come le chitarre”. ‘Think Of A Number’ “È una traccia molto personale e piuttosto cupa. Per questo avevo pensato ‘Potrebbe aprire l’album?’ E in realtà, col senno di poi, avrebbe dovuto farlo. Mi piace il testo ed è piuttosto epica. Ci sono tre assoli: uno di pianoforte, uno di chitarra e un altro break strumentale. Ci sono anche un paio di drop down. Cosa divertente, lì sono io che suono il basso. Ci stavo lavorando con [il batterista] Chris Sharrock, e gli dicevo ‘Guarda, dovrebbe essere un po’ in stile XTC o Bowie o quel tipo di new wave’. Lui ha proposto il ritmo della batteria, io la linea di basso e da lì è partito tutto”. ‘We’re Gonna Get There In The End’ “Questa l’ho scritta in lockdown e l’ho caricata su YouTube, come regalo al pubblico. E inaspettatamente, ha mandato la gente in visibilio. Così, mentre stavo preparando il disco, chi collaborava con me mi chiedeva ‘Sarà nell’album, vero? Le persone adorano quella canzone’. Io rispondevo ‘Sfortunatamente, l’unica persona al mondo a cui non piace sono io. Non infilerò un pimpante pezzo britpop nel mezzo di questo album riflessivo e malinconico’. Comunque, l’ho registrata e suonava da paura. Ho pensato ‘Beh, la suonerò dal vivo, così la inserirò come una bonus track’. E visto che non si fanno più lati B, si può presumere che questo sia una dei lati B migliori della mia carriera”. ‘I’m Not Giving Up Tonight (David Holmes Remix)’ “Lo stile degli High Flying Birds si presta [ai remix]. Quello degli Oasis no. E cercare di mettere d’accordo cinque smanettoni su un remix è... una perdita di tempo. Ma con la roba degli High Flying Birds è diverso, perché si basa maggiormente sul groove”. ‘Think Of A Number (Pet Shop Boys Magic Eye 12” Remix)’ “Conosco Neil e Chris da anni e ho sempre amato le loro canzoni. Sono andato a vederli a Glastonbury [nel 2022], e mentre l’intero festival si stava spostando per andare a sentire Kendrick Lamar, io mi sono diretto dalla parte opposta per godermi i Pet Shop Boys. Mi hanno chiesto ‘quanto vorresti che suonasse alla Pet Shop Boys?’, e ho risposto, ‘Beh, facciamolo completamente Pet Shop Boys, accidenti, e poi casomai aggiustiamo un po’ il tiro’. Mi hanno mandato tre versioni che presentavano vari gradi di sound alla Pet Shop Boys. La prima era del tipo ‘Niente, non potrei far ascoltare questa canzone a un ragazzo con il cappello a secchiello. Non riuscirebbe a dormirci la notte’. La seconda era un po’ meno così. E quando è arrivata la terza mi sono detto ‘Ok, adesso ci siamo’”. ‘Pretty Boy (Robert Smith Remix)’ “Una sera in studio, le persone presenti commentavano quanto ‘Pretty Boy’ richiamasse la musica dei Cure. E ovviamente doveva rifarsi al sound dei Cure. Allora ho pensato ‘Per caso Robert Smith fa dei remix?’. Non ci è voluto molto a recuperare la sua mail ma ho pensato che, leggendo il mio nome, avrebbe detto ‘Oasis? Col cavolo. Non esiste’. E invece è una persona squisita, molto divertente, e molto asciutta. Gli ho mandato il brano e gli è piaciuto molto. Se quando l’ho spedito a lui pensavo fosse in stile Cure, beh, immagina quando è tornato indietro... Alla fine, c’è chi mi ha fatto notare che Robert, io e Johnny Marr ci suoniamo tutti la chitarra. Non sapevo di volere un brano che coinvolgesse uno dei Cure, uno degli Smiths e uno degli Oasis, ma è stato come dire ‘Oh wow, porca miseria, guarda per sbaglio che roba ho tirato fuori’”.

Disco 1

Disco 2

Altre versioni

Seleziona un paese o una regione

Africa, Medio Oriente e India

Asia Pacifico

Europa

America Latina e Caraibi

Stati Uniti e Canada