ATUM

ATUM

Annunciato come il terzo capitolo di una trilogia che comprende il leggendario Mellon Collie and the Infinite Sadness (1995) e Machina/The Machines of God (2000), ATUM può essere definito un compendio sonoro della storia, tanto gloriosa quanto complicata, degli Smashing Pumpkins. È l’ennesima conferma della sensazione che poche persone siano in grado di lavorare con lo stesso livello di ambizione di Billy Corgan, tipicamente a proprio agio di fronte alla sfida di creare ambientazioni imponenti. Dopotutto, il musicista di Chicago è capace di far sembrare un gioco da ragazzi un lavoro concettuale di proporzioni colossali, composto da 33 brani suddivisi in tre atti. Per lui è qualcosa di assolutamente naturale, ma bisogna sottolineare che l’idea di scrivere un’opera rock non è venuta dal nulla. Corgan ha iniziato a gettare le fondamenta di ATUM nel 2018, quando è tornato al rock a base di chitarre delle origini con SHINY AND OH SO BRIGHT, VOL. 1, dopo aver riaccolto nel gruppo il chitarrista James Iha. Svelata all’interno del podcast Thirty-Three, in cui anticipava nuove tracce e analizzava la storia dell’album in vista della pubblicazione, la trama intergalattica di ‘Alienation’ è una tappa particolarmente importante nella costruzione di questa narrazione. In quasi due ore e mezzo di durata, ATUM presenta un complesso assortimento di tematiche distopiche, che vanno dai pericoli della tecnocrazia e del fatalismo all’eventualità di sopprimere la libertà di parola. A prescindere da ogni considerazione, è chiaro che Corgan si trova nel proprio elemento. Nonostante non sia strettamente necessario seguire la storia di ATUM, che ripercorre il viaggio di una rockstar di nome Shiny esiliata nello spazio, farlo può senza dubbio arricchire l’esperienza di ascolto. O, quantomeno, aiutare a comprendere in che modo Corgan affronti la sua stessa mitologia attraverso il personaggio. Un aspetto più facile da cogliere è la maestosità della musica, che risulta evidente già dalla sontuosa title track posta in apertura, un pezzo space rock dai toni fantascientifici, impreziosito dal contributo al pianoforte di Mike Garson, storico collaboratore di David Bowie. L’uso di sintetizzatori vintage è una costante che accompagna quasi tutto il disco, aggiungendo un tocco gotico a episodi come ‘With Ado I Do’ e ‘Fireflies’ e portando alla mente le sinuose atmosfere elettropop di CYR (2020). In modo analogo, gli arrangiamenti di ‘Space Age’ e ‘The Canary Trainer’ ricordano le più splendenti ballate soft-rock di matrice anni ’80. E poi ci sono le tentacolari vibrazioni progressive di ‘The Culling’ e ‘Sojourner’ che, a dispetto di chi vorrebbe tornare ad ascoltare il suono graffiante dei Pumpkins del 1993, si avvicinano più al classico stile AOR degli Styx. Ma il fuoco del rock si è tutt’altro che estinto: se le torbide suggestioni psichedeliche di ‘Empires’ sembrano quasi uscite da Gish, il singolo ‘Beguiled’ e ‘Beyond the Vale’ emanano un bagliore metallico che strizza l’occhio alla NWOBHM. Anche la soffocante ‘Harmageddon’, tra le tracce più pesanti in scaletta, vede la band gettarsi a capofitto nella foga del thrash. La leggerezza triste e venata di speranza dell’album viene integrata da una scrittura consapevole, che dimostra come gli istinti massimalisti di Corgan diano gli esiti migliori quando si sta sinceramente divertendo.

Disco 1

Disco 2

Disco 3

Video extra

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