Album essenziali
- Il rapporto tra Beethoven e il pianoforte è viscerale. Il compositore scrisse molto per questo strumento, influenzando la letteratura pianistica in modo permanente. Il vigoroso concerto n.5 "Imperatore" lo dimostra bene, così come la sonata n.28, dai toni più morbidi. Entrambi sono qui interpretati da Hélène Grimaud, vulcanica e appassionata, vigorosa e soave al tempo stesso.
- La Quinta rinnova se stessa in un’incisione divenuta un classico.
- Come molte delle sue opere, il solo concerto per violino di Beethoven, eseguito per la prima volta nel 1806, ha cambiato la portata e la percezione della forma. Con circa 25 minuti di durata, il primo movimento sarebbe stato in grado di contenerne alcuni di Mozart nella loro interezza. Ma non è solo una questione di cronometro. Il lavoro di Beethoven aveva ambizioni sinfoniche e il messaggio che trasmette è ancora più importante. Lo status di capolavoro di quello che è forse il primo grande concerto romantico per violino emerge in maniera impressionante nell’incisione Gramophone del 1981 di Itzhak Perlman e Carlo Maria Giulini, premiata con il Grammy Award. Con la consueta dose di stile ed eleganza, Perlman è straordinariamente espressivo, ma anche altamente drammatico, e trova in Giulini un superbo partner. Il risultato? Un autentico classico.
- Come gli ultimi quartetti, le cinque composizioni che chiudono il ciclo di sonate per pianoforte di Beethoven emergono in un nuovo territorio. Nonostante sia la più convenzionale, già quella in <i>LA Maggiore</i> (<i>N. 28</i>) permette di percepire l’ambizione dell’enunciato prima dell’assalto del poderoso <i>“Hammerklavier”</i> (<i>No. 29</i>), che Igor Levit – circa 25enne all’epoca della registrazione - affronta con sorprendente sicurezza. Le tre sonate finali vedono Beethoven impegnato nel perfezionamento e nella concentrazione di un messaggio che viene poi offerto nella propria essenza in movimenti conclusivi ampi e potentissimi. Giunto all’ultima sonata – la <i>N. 32</i>, nella per lui inusuale tonalità di DO minore – ha ridotto la forma a due movimenti ed esplora un linguaggio ritmico che sembra prefigurare il jazz. Questa è musica sublime, in una sublime interpretazione.