LINKIN PARK

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Nello scrivere i testi per Hybrid Theory, fondamentale album pubblicato dai LINKIN PARK nel 2000, Mike Shinoda e il compianto Chester Bennington fecero un patto: niente parolacce. Non si trattava solo di preservare il loro pubblico, una parte del quale avrebbe potuto avere qualche problema a nascondere gli adesivi Parental Advisory ai propri genitori. Evitando espressioni dirette di frustrazione condensata in quattro lettere, i due autori della band avrebbero piuttosto avuto la possibilità di mettersi alla prova nell’abbandonarsi – mettendolo a nudo – al loro dolore in modi che un’imprecazione sarebbe solo stata in grado di mascherare. A un livello più profondo, quella scelta stabilì una sorta di percorso metaforico per la catarsi: i LINKIN PARK erano arrabbiati ma la loro rabbia bruciava senza scorie. Hybrid Theory fu uno di quegli album che escono una volta nell’arco di una generazione, probabilmente l’apice commerciale e creativo del rap rock. Ma parte dei motivi per cui il gruppo è sopravvissuto risiede in una versatilità che ha sempre trasceso il momento. Per quanto pesante, la musica non ha quasi mai avuto un carattere di machismo, barattando lo sfarzo dell’hard rock per la vulnerabilità artistica dell’emo e del synth pop. Quando sentirono l’esigenza di accantonare un po’ le chitarre, si spostarono verso una riflessiva visione post-hardcore dell’elettronica che permise a Bennington di mostrare la propria intima passione per i Depeche Mode, mantenendo al tempo stesso un senso di angoscia che, a quanto pare, non aveva bisogno dell’aggressività per trovare espressione. Giunti poi alla loro svolta pop (One More Light, del 2017), furono in grado di ridefinire i termini del rock commerciale per quasi due decenni. Formatasi a Los Angeles nel 1996, la band aveva passato i primi anni a lottare per affermare il proprio stile: a un certo punto, un dirigente aveva suggerito di licenziare l’MC Shinoda e di prendere la più convenzionale strada del gruppo rock. Rendendo impossibile ignorare l’influenza dell’hip-hop e dell’elettronica, Hybrid Theory è stato una sorta di passaggio del Rubicone per la scena hard. A Meteora, dato alle stampe nel 2003, è seguito un trio di album - Minutes to Midnight del 2007, A Thousand Suns del 2010 e Living Things del 2012 – che ha spostato prepotentemente l’asse verso l’elettronica. Il 2014 ha visto l’uscita di The Hunting Party. Un paio di mesi dopo la pubblicazione di One More Light nel 2017, Chester Bennington si è tolto la vita. Alla band sono serviti circa due anni per cominciare a lavorare in silenzio su nuovo materiale.

ORIGINI
Agoura Hills, CA, United States
FORMAZIONE
2000
GENERE
Hard rock
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