Omens

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“Se le persone che hanno fatto attenzione allo stato del mondo negli ultimi anni non sono arrabbiate, a loro non ho niente da dire”. È con questa estrema sintesi che il frontman Randy Blythe riassume il tono furioso che governa complessivamente il nono album dei Lamb of God, band metal con più di una nomination ai GRAMMY in curriculum. E se canzoni come ‘Grayscale’, ‘Ditch’ e ‘Ill Designs’ grondano letteralmente veleno sociopolitico, il chitarrista Mark Morton nota come non si debbano necessariamente vivere dei tumulti personali per scrivere brani al vetriolo. “Non ero per niente arrabbiato quando ho fatto questo disco”, dice a Apple Music. “Sono in un meraviglioso momento della mia vita. Mi piace fare musica con i miei migliori amici. Ma nel mondo c’è un sacco di roba negativa su cui scrivere canzoni heavy metal e noi abbiamo certamente sfruttato la cosa. Come sempre. Ci hanno proposto e venduto cieli che si squarciano, morte e distruzione e tutto questo materiale apocalittico. È roba ottima per la musica metal”. Di seguito, Morton e Blythe parlano dei pezzi di Omens. ‘Nevermore’ Blythe: “Questa canzone parla specificamente di Richmond, la mia città natale in Virginia. Dal punto di vista del testo, segue in qualche modo un copione sui toni a tinte horror/gotiche usati meravigliosamente da Edgar Allan Poe, il quale è proprio di Richmond. Parla della storia della città dall’epoca prerivoluzionaria a oggi. Non è vista esattamente attraverso gli occhi di Poe ma ne utilizza le metafore in modo deciso, come nella poesia ‘Il corvo’. A Richmond sono andate in scena atrocità, barbarie e storie oscure: è tutto nel pezzo”. ‘Vanishing’ Morton: “In questo album, non esistono due canzoni che facciano esattamente la stessa cosa. Per come la vedo io, ‘Vanishing’ è un pezzo super-heavy metal in senso classico. È pieno di riff acrobatici – farina del sacco di Willie Adler [chitarrista dei LOG], al proprio meglio nella loro scrittura – e tuttavia riesce a mantenere il groove tipico dei Lamb of God al quale Art [Cruz, il batterista] ci ancora. È molto cupo e in tonalità minore, estremamente pesante e intriso di inquietudine, ma rimane comunque una progressione non da poco sulla tastiera”. ‘To the Grave’ Morton: “In un album pieno di canzoni iper-collaborative, questa è una di quelle a cui abbiamo lavorato di più insieme. Ha attraversato moltissimi cambiamenti. Originariamente avrebbe dovuto essere molto più veloce, ma l’abbiamo rallentata. Quando sono state aggiunte le voci, la musica è stata parzialmente riscritta. Anche quando eravamo in studio, abbiamo continuato a discutere sulle sue diverse parti. So che è una canzone davvero personale per Randy. I suoi testi hanno sempre un elemento intimo, ma questa in particolare ha un grande significato per lui”. ‘Ditch’ Morton: “Vivo poco fuori Richmond, in Virginia. Ai confini della mia proprietà, ci sono terrapieni della Guerra civile in cui i soldati della Confederazione scavavano le trincee per difendere la città. Un giorno, li stavo attraversando e ho pensato che molti dei ragazzi che scavarono quelle trincee morirono al loro interno. Hanno scavato le loro stesse tombe. Ho iniziato a chiedermi se qualcuno di loro se ne fosse reso conto mentre lo faceva. Da lì, ho cominciato a immaginare questi paralleli tra quei tempi e i giorni nostri, in una nazione estremamente divisa. Questo atteggiamento di conflitto ideologico sembra destinato ad avere un epilogo drammatico”. ‘Omens’ Blythe: “Il mio amico Ryan Holiday ha scritto un libro intitolato The Obstacle Is the Way [L’ostacolo è la via], dove parla di come applicare la filosofia stoica alla vita moderna. Una delle cose che mette in evidenza è che tutti i problemi che stiamo affrontando oggi sono esattamente gli stessi che riguardavano l’antico impero romano al culmine della filosofia stoica. Abbiamo corruzione nella politica, tensioni sociali, sconvolgimenti economici. Ci fu anche una piaga che durò per la maggior parte del regno di Marco Aurelio. Sono problemi che si ripresentano ciclicamente nella storia ma noi abbiamo la sensazione che sia la prima volta. Non esiste nulla di tutto questo che non abbia un precedente. E la gente è sopravvissuta ed è andata oltre”. ‘Gomorrah’ Morton: “Questa comincia in modo atmosferico e malinconico, per poi aumentare in tensione e intensità. Scorre e rifluisce in svariate dimensioni ma mi sembra che l’ansia cresca per tutto il pezzo. Dal punto di vista della scrittura, è una cosa che non avevamo programmato, ma penso sia stato Josh Wilbur, il nostro produttore, a entrare in quel clima e ad aiutarci a perfezionarne i contorni. Anche se i testi sono tutti di Randy e non mi piace l’idea di interpretarle, mi sembra sia un’autoriflessione all’interno del paesaggio distopico in cui ogni persona si è sentita immersa per un certo periodo di tempo”. ‘Ill Designs’ Morton: “È un pezzo sulle conseguenze: un individuo o un gruppo di individui manipolano la situazione per tornaconto personale, fino a che la cosa non si rivolta contro di loro. In un centro senso, si trattava di una lotta con la sensazione provocata da questa cosa. Si può provare compassione per le persone in quanto esseri umani, ma discutere con l’universo è inutile. Tutto ciò che puoi fare è vedere cosa ritorna negli eventi. Puoi interpretare il pezzo come se fosse riferito a una persona o a un gruppo di persone ma il tema è in realtà quello universale del karma e delle conseguenze”. ‘Grayscale’ Morton: “Questo è davvero un bel pezzo, che è arrivato molto tardi nel processo di scrittura. Willie aveva in serbo la musica, e non credo inizialmente intendesse presentarla come una canzone dei Lamb of God. Ma in qualche modo è arrivata ed è piaciuta moltissimo a tutti. L’accordatura è in drop B [la corda più bassa in Si, per arrivare alla più alta in Do#]. È l’unica canzone in Si del disco ed è la seconda volta in assoluto che lo facciamo. Ha una grande influenza hardcore ed è un altro pezzo basato su un’esperienza personale di Randy”. ‘Denial Mechanism’ Morton: “Questa è molto punk rock. Come è accaduto per ‘Grayscale’ è arrivata piuttosto tardi nel processo. Avevamo sette o otto canzoni che erano praticamente pronte per il disco e abbiamo cominciato a chiederci quali elementi mancassero. Quindi, Willie ha tirato fuori una cosa hardcore su ‘Grayscale’ e io me ne sono uscito con un pezzo punk rock più tradizionale in ‘Denial Mechanism’. Ma è in realtà la prima che abbiamo registrato quando siamo entrati in studio. Sono abbastanza sicuro che quella di Art sia la prima take di batteria”. ‘September Song’ Morton: “Tradizionalmente, tendiamo a dilatare un po’ le cose nell’ultima canzone. Nei vecchi album, questo posto è stato occupato da pezzi come ‘Reclamation’, ‘Vigil’ o ‘Remorse Is for the Dead’. Credo che l’intro di ‘September Song’ abbia un’atmosfera post-punk che mi ricorda molto band tipo June of 44, Slint e Fugazi. Mi sono innamorato subito del suono e di come stava crescendo. Anche mentre ancora stava prendendo forma, sentivo che sarebbe stata una grande candidata per la chiusura dell’album, che è una posizione molto ambita. Insomma, vogliamo sempre che le persone ascoltino i nostri dischi dall’inizio alla fine. Se non arrivi alla conclusione, ti perdi l’esperienza completa”.

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