3.15.20

3.15.20

Non esiste una formula matematica per prepararsi all’ascolto di un nuovo disco di Donald Glover (in arte Childish Gambino), protagonista di una discografia decennale che ha oscillato tra stravaganti rap, visioni elettro-pop o divagazioni di musica funk e R&B. Questo è ancora valido per la sua nuova opera, 03.15.20, pubblicata come album tutto inciso in un solo lunghissimo brano, cosa che potrebbe forse chiarire la decisione di intitolare la maggior parte delle tracce con il minuto esatto d’ascolto. La sua natura pungente e disinvolta si reincarna nella musica stessa: Glover è un artista che esplora le sfumature più fosche della narrazione dell’anticonvenzionale, giocando con generi musicali e con effetti sonori sconnessi, rumori cosmici, glitch, distorsioni e dissonanti auto-tune. L’appassionato brano intitolato ‘24.19’ e l’euforico solco di chiusura ‘53.49’ intessono uno sfondo consunto ma inaspettatamente raggiante, mentre il futuristico presagio di ‘Time’ e la sovrabbondanza sensoriale di ‘32.22’ non ci raggiungono solo come semplici canzoni, ma più come collage cinematografici traboccanti di nuove idee. Non sorprende che l’unico brano a noi familiare, ‘Feels Like Summer’ (qui intitolato ‘42.26’), uscito ufficialmente nel luglio 2018, sia anche il pezzo più accessibile dell’album. 03.15.20 è una progressione logica degli istinti sperimentali nel passato di Glover, che rimanda ad alcuni dei suoi impulsi più eccentrici e li spinge verso l’eccesso. Immaginatevi Childish Gambino crogiolarsi nello spazio tra ritegno e ribellione, o genio e follia, forzando chi lo ascolta a trovare la libertà nel caos. L’assioma “aspettatevi l’inaspettato” quasi non basta a descrivere adeguatamente ciò che Gambino è stato qui in grado di mettere insieme: forse, questa volta, la soluzione migliore è quella di azzerare tutte le proprie certezze.

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