Willie Peyote incarna un ibrido tra cantautore in barricata e rapper nichilista, la spina nel fianco che va in prima serata. Dopo un’adolescenza punk, il torinese Guglielmo Bruno (1985) si butta nell’hip-hop con la S.O.S. CLIQUE, dove stringe un sodalizio con il produttore Kavah: quest’ultimo ne diventa un alter ego musicale, temperando l’identità rock di Willie fin dai primi progetti solisti caricati online e con l’album Non è il mio genere, il genere umano, nella prima metà degli anni ‘10. Educazione sabauda (2015), rivela a molti il talento cinico e pungente dell’MC, che sa puntare il dito contro la società (‘Io non sono razzista ma…’) ma anche contro sé stesso (‘C’era una Vodka’). Mentre la cifra musicale dell’artista incorpora jazz, funk e blues in un pastiche suonato sempre più distante dall’hip-hop dominante e incentrato sull’esperienza del live, la sua penna si affila e disegna affreschi della società complessi e sottili: è il caso di Sindrome di Tôret (2017), in cui lo sguardo disincantato di Willie non risparmia niente e nessuno, dalle relazioni (‘Ottima scusa’) ai social network. Approdato in major, il rapper espande questa formula abrasiva con Iodegradabile (2019), che riunisce i pubblici indie e rap grazie a pezzi come ‘La tua futura ex moglie’. Questa trasversalità esplode sul palco di Sanremo, dove approda nel 2021 per lanciare il suo j’accuse alla società del disimpegno con ‘Mai Dire Mai (La Locura)’.